sabato 24 ottobre 2015

Quella panchina all’ombra del melograno



 illustrazione di Cristina Sugamele

Era un piacevole pomeriggio di inizio ottobre.
Ettore si trovava nel parco sotto casa, seduto sulla sua panchina, col mento appoggiato al bastone, all’ombra di una stupenda e profumata pianta di melograno.
Si recava lì, ogni giorno alle tre in punto: era il suo momento di ristoro, una angolo di pace tutto per sé, in cui poteva perdersi nei ricordi e ritrovare sé stesso.
L’albero, alto circa 4 metri, generosamente lo proteggeva dal sole, soprattutto quando colpisce obliquo, nelle ore pomeridiane, e l’ombra dei rami si spalma lentamente e delicatamente sul terreno.
Quella pianta era lì da che ne aveva memoria: era un piccolo arbusto, ma con l’inesorabile trascorrere del tempo, divenne  un bellissimo albero dalla larghe fronde; come Ettore, che da vivace monello era diventato dapprima un bel ragazzotto robusto, in seguito un uomo distinto e piacevole ed infine, un vecchietto arzillo dal sorriso disarmante.
Le stagioni della vita di Ettore e del melograno si erano fuse, in una sorta di simbiosi.
Fu all’ombra del melograno che vide per la prima volta Melania, sua compagna di giochi che divenne compagna di vita.
Melania adorava la rossa corolla del fiore di melograno, che nel mese di marzo inondava di profumo l’intero parco. Quando ad ottobre il frutto era oramai maturo, era solita salire scalza sulla panchina e in punta di piedi si sporgeva per raccoglierne nel suo grembiule quanti più poteva.
Su quella panchina, Ettore fece la sua dichiarazione d’amore a Melania, passandole un rosso fiore di melograno tra le dita. Lei disse subito“Sì!”. Fu sempre lì che Melania gli diede la notizia più bella:“diventerai padre!”; ma anche quella più brutta: “Ho il cancro.”.
Ettore si recava in quel parco per perdersi nei ricordi ed abbandonarsi completamente ad essi. Ma quel pomeriggio i ricordi erano più vividi che mai. Vide Melania giovane e sorridente, con indosso il solito grembiule, tendergli la mano.
Le palpebre di Ettore si fecero pesanti, il suo respiro sempre più lento e debole, eppure sorrideva dolcemente. Accasciò delicatamente la testa sulla spalla ed emanò un ultimo respiro.
Dormiva, felice, cullato dal dolce suo sogno d’amore.

martedì 13 ottobre 2015

La ferita si rimargina, la cicatrice resta

immagine di Akemi Takada



E' difficile dimenticare un torto subito, specie se a farci del male è stata una persona particolarmente cara.
Quando ci sentiamo delusi e traditi possiamo reagire in diversi modi: con rabbia, amarezza, disperazione, frustrazione; di certo, mai con indifferenza.
Anzi, è proprio l'indifferenza dell'altro a ferirci, a convincerci che abbiamo solo sprecato del tempo prezioso provando sentimenti per qualcuno che senza di noi non solo se la cava benone, ma pare non avere il minimo dubbio o rimpianto, magari si sente addirittura alleggerito dalla nostra presenza, e questo fa davvero male.
Ma col tempo si supera tutto.
E' una frase tanto banale quanto vera: il dolore, la rabbia, qualsiasi sentimento negativo finisce col dissolversi, lentamente, si dirada come la nebbia mattutina man mano che il sole sale alto e radioso in cielo.
Non sappiamo spiegarci come accade, ma è così: un bel giorno ci alziamo dal letto e sentiamo il cuore sempre meno pesante, poiché, superata la fase iniziale, iniziamo ad accettare la nuova situazione.
Cuore e cervello si adeguano ad un nuovo status quo, accettano l'idea che quella persona non faccia più parte della nostra vita con serenità: la ferita è finalmente guarita.
Eppure, è proprio quando la ferita si è del tutto rimarginata che accade qualcosa che non ci aspettavamo: un falshback di un ricordo, un odore, una data, una cosa qualunque, ma ecco che il pensiero che pensavamo perduto, riaffiora alla mente.
Fa molto meno male, ma è ancora presente, prova inconfutabile dell'affetto che abbiamo provato per quella persona. Continuiamo ad ignorare i suoi sentimenti e non sappiamo ancora perché ci ha abbandonato, ma infondo ormai non ci importa più, non ci poniamo mille domande sul perché quella storia d'amore o quell'amicizia siano terminate. 
La ferita non fa più male, ma la cicatrice rimane, perché,  seppur contro la nostra volontà, non possiamo fare a meno di pensare a quella persona: ormai è impressa nella nostra anima, nella nostra mente, nel nostro cuore, forse persino nella nostra carne.
E' solo un momento, l'orgoglio torna a far male, ci sentiamo sciocchi, ma poi fortunatamente il momento passa, e andiamo avanti. 
La verità è che non riusciremo mai a dimenticare, mai del tutto, anche quando crediamo di esserci riusciti.
Ma non importa, quel che conta è non permettere ai sentimenti negativi di prendere il sopravvento su di noi, di farci del male e soprattutto non permettere mai a chi ci ha fatto del male in passato di condizionare il nostro presente e il nostro futuro.
Il ricordo delle persone che abbiamo amato e perduto resterà sempre con noi, è inutile cercare di cancellarlo: la sola cosa che possiamo fare è accoglierlo, cercando di spogliarlo sia dalle emozioni troppo negative che da quelle troppo positive: un rapporto terminato col tempo non va né demonizzato né idealizzato: va ricordato con serenità, in un mix di tenerezza e stizza, poiché non si può provare indifferenza verso qualcuno che abbiamo amato, se lo abbiamo amato sul serio. Accogliamo i nostri ricordi con serenità, permettiamo loro di arricchire il nostro bagaglio di esperienze, senza mai condizionare la vita e le nostre future scelte.
Per concludere, permettetemi di citare un brano tratto da Il piccolo principe, di Antoine de Saint-Exupéry:
 
"È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito.
È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto.
Ci sarà sempre un'altra opportunità, un'altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c'è un nuovo inizio. "

domenica 11 ottobre 2015

ANNUNCIAZIONE, ANNUNCIAZIONE: Novità in arrivo!

 Da sinistra: Lello Arena, Enzo Decaro e Massimo Troisi , componenti del gruppo cabarettistico "LA SMORFIA" nel loro celeberrimo sketch "La Natività" del 1977 (Immagine dal web)

Salve a tutti! vi annuncio ufficialmente che a breve inaugurerò una nuova sezione del blog, dedicata ai miei racconti brevi! 
Pubblicherò il primo tra un paio di giorni, mi raccomando, leggetelo e datemi un parere! 
Scusate se ho  "scomodato" il meraviglioso trio della Smorfia per annunciarvi l'evento, ma non ho potuto fare a meno di pensare a loro tre! 

sabato 3 ottobre 2015

Ai miei cari angeli...



 Immagine  di Akemi Takada 



Miei cari angeli, che mi guardate da lassù,
non c'è giorno che non pensi a voi, alla mia infanzia ed ai momenti passati insieme; temevo che col tempo avrei dimenticato le vostre voci, invece sono ancora stampate nella mente, e mi sembra di sentirle ogni tanto, proprio quando ne ho più bisogno.
Son passati 16 anni dall'ultima volta che ho sentito la voce calda e rassicurante del nonno , e quasi 9 dall'ultima volte che ho ascoltato la bella e sazia risata della nonna; eppure le vostre voci e le vostre risa sono nella mia mente vivide e presenti più che mai.
Oggi mi siete mancati in modo particolare, forse perchè il 2 ottobre è la festa sia dei nonni che degli angeli custodi: nel vostro caso, si tratta di sinonimi.
Peccato che hanno inventato la festa dei nonni quando già non c'eravate più, avrei potuto scrivervi tante belle letterine da piccola...
Pazienza: per comunicare con gli altri ho bisogno di scrivere, per questo esiste questo blog, ma  voi potete leggere direttamente ne mio cuore. Lo facevate già da vivi, e adesso più che mai.

Non voglio piangere, perché mi dicevate sempre che bisogna piangere solo per gioia e mai per dolore, ma lasciate che qualche lacrima calda mi scorra sul viso ogni tanto, quando vi penso: concedetemela, poiché  non piango mai per disperazione. Le mie sono lacrime di tenerezza, di nostalgia e gioa, sì proprio gioia: non sono sfortunata per avervi perduto, ma fortunata per avervi avuto.

 Per sempre miei.