domenica 28 febbraio 2016

...E Non dite che il mio blog è blog "Petaloso"! :)



in alto, i fiori dal film Disney Alice nel paese delle meraviglie.
In basso uno foto del "documento" che proverebbe la "bufala dell'invenzione della parola "petaloso" da parte del piccolo Matteo.




A quanto pare, negli ultimi giorni l'Italia è impazzita per il termine "petaloso"; l'iniziativa della maestra Margherita Aurora, che si è presa la briga di contattare niente di meno che l'Accademia della Crusca, proponendo la parola inventata dal suo allievo, ha inavvertitamente scatenato l'inferno, creando reazioni che vanno dal sorriso di tenerezza a fenomeni di vera e propria gogna mediatica, che temo possano finire col nuocere, direttamente o indirettamente, al bambino, Matteo, un semplice ragazzino delle elementari che si è limitato a completare un esercizio  scrivendo, magari per pigrizia, il primo "aggettivo" che gli è venuto in mente.
Ha semplicemente commesso un errore di grammatica, come chi definisce i pulcini "fuffosi", o i pinguini "coccolosi", termini tenerissimi e diventati di uso oramai comune, specie dopo l'uscita del film Madagascar, con i suoi pinguini "carini e coccolosi"; per non parlare di tanti altri termini che hanno accompagnato la nostra infanzia, come puffoso o supercalifragilistichespiralidoso, e chi più ne ha più ne metta.
Ma la sua eccentrica maestra dai capelli viola, già nota ai giornali per altre vicende, sempre inerenti ai suoi metodi di insegnamento "moderni", ha ritenuto che non fosse sufficiente segnalare l'errore, ma nel suo giudizio ha scritto "errore bello" ; in pratica ha giudicato il compito usando un  ossimoro, figura retorica già abbastanza complicata per alcuni adulti, figuriamoci per un bambino di otto anni. Però questo giudizio tanto "particolare", non era sufficiente, ha voluto montare un vero e proprio caso mettendo in mezzo la Crusca, "per provare che dagli errori possono nascere cose belle", dice lei. 
L'opinione pubblica si è a dir poco smembrata: c'è chi tesse le lodi di questa maestra "sui generis", e chi si scaglia con tutte le sue forze contro la maestra, la Crusca e il piccolo Matteo, che si è trovato semplicemente "messo in mezzo" ad una questione molto, ma molto più grande di lui.
A parte numerosissime "meme" , alcune ingenue, altre anche leggermente pesanti e di dubbio gusto, c'è addirittura chi si è scomodato a fare ricerche approfondite, su antichi testi in latino, solo per gettare fango sulla vicenda e sul piccolo Matteo, prima messo alla gogna per aver "inventato" una parola e adesso perché non avrebbe scoperto niente di nuovo.
Ora, partendo dal presupposto che ritengo alquanto improbabile che un bambino di otto anni conoscesse un antico trattato di botanica in latino e che abbia copiato da lì il termine, mi pare che si stia "leggermente" oltrepassando la misura.
 Io sono la prima ad odiare il termine petaloso (non il bambino, per carità! anche perché il caso l'ha creato la maestra, se vogliamo dirla tutta); ma, guardando il fatidico documento che "smaschererebbe" la bufala sulla coniazione del termine "petaloso" e avendo un po' di reminiscenze di grammatica latina, leggo nel citato documento la parola "petaloFo", che credo sia una parola sdrucciola (accento sulla terzultima sillaba) e non piana come petaloso (accento sulla penultima sillaba); e in ogni caso, indipendentemente dalla pronuncia, ammettendo pure che quella sia una S, o per dirla meglio "S lunga" latina si tratterebbe innanzitutto di un termine latino e non italiano, o comunque di un termine scientifico derivante dal latino, cosa che non c'entrerebbe nulla con quello che intendeva dire il piccolo Matteo. 
Come temevo, a pagare lo scotto, sarà il bambino, che potrebbe uscirne con le ossa rotte. Non so se si possa definire tutto questo  fenomeno "bullismo", ma non so come possa prendere la vicenda un ragazzino che si è trovato suo malgrado sotto i riflettori, e tutto solo per aver fatto i compiti a casa, come ogni bravo bambino.
Credo di trovarmi un una situazione strana, ambigua, perché, come ho già detto, detesto la parola petaloso, ma mi irrita maggiormente chi sta fomentando un caso su un bimbo delle elementari, quando l'unica che eventualmente andrebbe biasimata è la maestra.
A parte il caos mediatico, già solo giudicare l'errore bello è un fatto biasimabile, che può solo confondere le idee degli studenti: scusate, ma io sono stata cresciuta a pane, coccole e "hai fatto metà del tuo dovere"; poi certo, se non avevo voti alti non era un problema eh, l'importante era che mi applicassi e che facessi sempre del mio meglio; ma fare del proprio meglio significa stare chini sulle "sudate carte": se ogni volta che un bambino piccolo fa uno scarabocchio un adulto dice che è nato un nuovo Dalì, dubito fortemente che questi da grande possa diventare un artista. 
Le critiche sono necessarie purché costruttive, e spesso occorre anche un pizzico di severità se si vuole che il bambino continui a migliorare, altrimenti si aspetterà che ogni volta che fa un ruttino ci sia qualcuno ad applaudirlo, e se ciò non avverrà, al primo fallimento si sentirà troppo avvilito per migliorare. 
E come sempre, scrivo non "tanto per", ma perché ho esperienze dirette in proposito.
Alle scuole medie ero una brava studentessa, superiore alla media, ma tendevo a distrarmi spesso, troppo spesso; ai miei tempi non si correva subito dai medici, ma se mia madre l'avesse fatto, mi sarebbe probabilmente stato diagnosticato un lieve disturbo dell'attenzione; non riuscivo a prestare attenzione  a nulla per più di mezz'ora di seguito, e il mercoledì, quando avevo tre ore di italiano e due due matematica, per me era una tragedia, e il mio cervello era ovunque, tranne che in classe. La prof di matematica se ne lavò le mani, stabilendo semplicemente che "non ero portata per la materia", cosa in ogni modo vera, perché ho sempre prediletto le discipline umanistiche.
Ma la professoressa di italiano era diversa; non "diversa" come la "maestra dai capelli viola" Margherita Aurora, che probabilmente, avrebbe elogiato i miei disegnini durante la lezione, in quanto frutto della mia fantasia e creatività, come se un bambino di per sé non sia già abbastanza creativo: un mio cuginetto aveva inventato il termine "cococa" per abbreviare coca cola quando aveva tre anni, ma a nessuno venne in mente di chiamare la Crusca!
Tornando al mio disturbo dell'attenzione, come vi dicevo, la prof di matematica se ne lavò le mani, mentre la prof di Italiano credeva fortemente in me. Prese una decisione drastica, severa, che all'epoca ritenevo ingiusta: mi separò dal resto della classe e fece affiancare il mio banco alla cattedra, in modo da potermi tenere d'occhio, evitando eventuali distrazioni.
Inutile dirvi che la presi malissimo, come una punizione ingiusta, anche perché spesso erano i compagni a farmi distrarre; mi sentivo lì, sotto gli occhi di tutti, soprattutto dei compagni che ridacchiavano di me, mi sentivo così...strana!
Solo molti, ma molti anni dopo compresi il comportamento della mia insegnante: non mi stava punendo, mi stava aiutando, stimolando la mia capacità di attenzione e concentrazione.
Non ero in grado di concentrarmi sullo stesso argomento per più di mezz'ora, ma grazie a lei ho imparato a non essere dispersiva, a stare sullo stesso argomento ore ed ore non solo senza stancarmi, ma soprattutto senza distrarmi, e probabilmente senza di lei non sarei mai stata in grado di superare tutti gli esami universitari e scrivere la mia tesi, per la quale ho lavorato senza sosta giorno e notte (con qualche pausa di tanto in tanto per mangiare e dormire, naturalmente). 
Non solo sono migliorata, ma ho iniziato ad appassionarmi allo studio in generale e, guarda caso, alle sue materie in particolare, e cioè italiano, storia ed epica: ricordo ancora che mi faceva tradurre i poemi omerici, mi ha insegnato la sintesi e la traduzione letterale, e questo col tempo mi ha fatto amare la linguistica e la semiologia.
Devo tutto a quella donna, e senza di lei non avrei mai iniziato a scrivere, non avrei raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissata con le soddisfazioni che ne sono conseguite, e probabilmente non sarei qui a scrivere sul mio "petaloso" blog, che forse nemmeno esisterebbe senza di lei.
Siete liberissimi di apprezzare i metodi, a mio parere discutibili, della maestra Margherita Aurora, ma io continuo a pensare che il metodo migliore sia quello di Annamaria Iannaccone, una donna che non è mai andata sui giornali, ma a cui devo tutto, e che porterò sempre nel mio cuore per la sua caparbietà, severità e infinita dolcezza, poiché era materna, e come ogni madre sapeva dosare disciplina ed affetto. Ovunque lei sia, avrà sempre la mia eterna gratitudine, la mia stima e il mio affetto.
Ed ora credo sia il caso di concludere: come al solito mi sono dilungata troppo!

mercoledì 24 febbraio 2016

Lettera ad una bambina mai cresciuta

  Illustrazione di Jan Pienkowski.
(http://www.janpienkowski.com/home.htm)

Cara amica,
Lo so, è tanto che non parliamo, scusa se ti ho un po' trascurata negli ultimi tempi, imprigionata nel solito vortice di pensieri e preoccupazioni piccole e grandi della vita quotidiana.
Forse ti sarai sentita un po' trascurata, messa da parte, ma ti assicuro che non mi sono dimenticata di te: sei sempre lì, in quell'angolo di cuore che ho riservato per te, e che nessuno potrà mai portarti via. 
Come stai amica mia? Domanda  banale, forse anche un po' sciocca: starai come me, anche tu con i tuoi pensieri, tanto diversi dai miei, eppure in qualche modo eguali.
So bene quanto hai sofferto dolce amica, perché il tuo dolore è anche il mio. Ma nonostante tutto, ti prego, resta sempre come sei, la bambina dagli occhi puliti e il cuore puro che ho conosciuto tanti anni fa.
Siamo cresciute, ma è sempre rimasta una scintilla dentro di noi che ci rende speciali, forse un po' bambine, ma ci permette di rimanere persone buone nonostante la cattiveria che ci circonda. Certo, non ci faremo mai calpestare, perché essere buoni non vuol dire essere deboli, anzi è esattamente il  contrario: è la bontà che ci permette di essere più forti, di sopportare i dolori e di andare avanti sempre e a testa alta. La bontà è forza, non debolezza e provo compassione per chi la pensa diversamente.
Scommetto che piangi ancora quando guardi un film, vero? Non devi vergognarti mai delle tue lacrime, perché è proprio lì che risiede la tua forza più grande: provare empatia, commuoversi, emozionarsi: sono doti che ti fanno onore. Non credere mai a chi ti dice che essere sensibili è un difetto, perché è in realtà il più nobile tra i pregi.
Hai sempre avuto una propensione per il bello, per l'arte: ebbene, sappi che una persona cattiva non sarà mai un vero artista, perché ci vuole cuore per creare: l'arte non si fa, si sente. Un cuore arido si potrà arricchire sulla pelle degli altri ma non sarà mai un artista. Una vera artista deve conservare il suo cuore puro, e non incattivirsi.
Ricorda amica mia, quando ti faranno del male, quando sentirai la rabbia che prende il sopravvento divorando completamente la tua mente e la tua anima, quando ti sembrerà di essere completamente in balìa delle emozioni negative, proprio in quel momento dovrai essere forte e ricordare chi sei.
Perché la tua forza viene dalla bontà d'animo, dalla dolcezza che tieni ben celata e mostri a pochi e dall'amore per le cose belle. Non dalla rabbia. Non dal dolore.
Non credere a chi dice che cane mangia cane, che se ti fanno del male l'unica soluzione è diventare cattiva a tua volta passando da vittima a carnefice. Stanno solo cercando di farti diventare arida come loro.
Ricorda amica, che avrai sempre una scelta. Io ti sarò sempre accanto, anche se sceglierai la via facile, quella dell'odio. Ma se lo farai, tieni presente che farai male a te stessa più che agli altri, perché la tua natura è quella del creare, non del distruggere.
Cerca di non crogiolarti mai nell'autodistruzione, cerca di sorridere ma non con i denti, con il cuore.
Piangi, ridi, urla, fa tutto ciò che senti, ma fallo sempre col cuore.
Dicono che il cuore è un nemico perché ci fa soffrire, ma io penso che anche il dolore sia necessario nella vita. Il dolore che hai provato in passato ti ha resa quello che sei oggi, nel bene e nel male. Ti ha permesso di capire il dolore degli altri, di provare empatia, di essere sensibile; potrà sembrarti strano, ma se non avessi sofferto tanto amica mia, saresti una persona diversa, forse addirittura peggiore.
Non so cosa ci riservi il futuro, ma tu cerca di non dimenticare mai le parole che ti sto scrivendo oggi.
Nella speranza che il domani sia davvero quello che hai sempre desiderato e magari anche di più, cerca di vivere il presente meglio che puoi, stringi i denti e ricorda, ricorda sempre chi sei. Puoi salvarti o perderti, dipende solo da te.
Qualunque via prenderai, io sarò con te, e spero tanto di vederti felice.
Con affetto.
D.A.