martedì 17 gennaio 2017

Il piccolo principe ci ricorda di "non dimenticare"...




In alto la bambina e l'aviatore.
In basso, il piccolo principe e la sua rosa




Benché sia considerato un racconto per l'infanzia, ho sempre pensato che il piccolo principe non fosse un libro adatto ai bambini: io stessa l'ho letto per la prima volta ormai grandicella, praticamente in età puberale, eppure non riuscii a cogliere subito la straordinaria bellezza di quelle parole: la verità è che mi rendeva triste l'idea di questo bambino piccino, su un pianeta minuscolo alla continua ricerca di un amico.
Ovviamente la bellezza e la profondità delle frasi di Antoine de Saint-Exupéry mi rimasero impresse nell'anima, ma consideravo il libro più una raccolta di aforismi che un vero e proprio racconto.
La verità è che il piccolo principe non è una storia per bambini, ma un racconto per grandi che vogliono ritrovare il loro bambino interiore.
Ed è proprio quello che cerca di ricordarci il film del 2015 diretto da Mark Osborne; protagonista del film infatti, non è il piccolo principe, ma una bambina a cui il mondo degli adulti tenta di strappare via l'infanzia. 
Per colpa della madre apprensiva, stacanovista e anaffettiva, la piccola protagonista a soli 9 anni è già un'adulta in miniatura: la sua vita è stata attentamente programmata nei minimi dettagli dalla genitrice, c'è un giorno, ora, minuto e secondo per tutto, tranne che per giocare e per sognare.
A salvare la nostra piccola eroina sarà un vecchio aviatore folle, che le farà conoscere la storia del piccolo principe e l'aiuterà a comprendere quanto sia importante essere bambini.
"Il problema non è diventare grandi, ma dimenticare".
Gli adulti hanno dimenticato la poesia e i sogni dell'infanzia, hanno dimenticato che l'essenziale è invisibile agli occhi.
Nelle sequenze finali del film, a metà tra sogno e realtà, la nostra protagonista ritrova il piccolo principe adulto, triste, incastrato in una vita frenetica che non ama perché ha dimenticato tutto: l'aviatore, il serpente, la volpe, la rosa.
Gli adulti di questa realtà da incubo, ossia l'uomo d'affari, l'uomo vanitoso, il re e tutti gli altri hanno un concetto di ciò che è essenziale completamente distorto, e cercheranno di piegare la piccola, trasformandola con la forza in un'adulta a loro immagine e somiglianza; proveranno a farle dimenticare tutto ciò che ha faticosamente imparato per farla diventare una di loro, farla sentire una fallita, senza speranza.
Ma ovviamente in un film del genere il lieto fine e d'obbligo, e la bambina, a bordo dell'aereo dell'aviatore ed aiutata da una volpe di pezza riuscirà non solo a salvare sé stessa, ma anche il piccolo Principe, liberando le stelle tenute in cattività dall'avido uomo d'affari, e aiutando il principe a ritrovare la sua rosa, comprendendo finalmente il significato della frase: non si vede bene che con il cuore.
Il titolo del film è forse fuorviante, poiché Il piccolo principe non è il protagonista della storia, è solo un mezzo, il simbolo scelto dal regista per ricordarci che, anche da adulti, non bisogna dimenticare ciò che da piccoli ci rendeva felici, ciò che è davvero importante, ciò che ci rende vivi.
Chi ha già letto qualche mio post ormai sa che sono una causa persa, una fan della speranza che guarda sempre in fondo al vaso di Pandora per trovare la forza di sopportare il mondo che la circonda: il film di Osborne dà a tutti una lente, anzi un cannocchiale per vedere meglio le stelle, e trovare quella speranza che non dobbiamo mai smettere di far ardere nel nostro cuore.
Va bene diventare adulti, ma non bisogna mai dimenticare di vedere le cose con gli occhi di un bambino, gli unici occhi in grado di cogliere ciò che è essenziale.