sabato 26 dicembre 2015

La Disney e il femminismo


Le principesse Disney (immagine dal WEB)

Da piccola ero una bambina un po' "strana": quando chiedevano a me e alle mie cugine cosa volessimo fare da grandi, quasi tutte dicevano "la ballerina", altre "la mamma", altre ancora la stilista; io invece rispondevo: "l'indipendente". 
La gente rideva per nascondere un discreto imbarazzo: non capivano innanzitutto come facesse una bambina che ha da poco imparato a parlare a conoscere una parola tanto complessa: probabilmente pensavano che l'avessi sentita una volta e che la ripetessi a pappagallo, senza avere idea di cosa stessi dicendo.
Avevo invece le idee molto chiare sul mio futuro: diventare "indipendente" cioè essere in grado di provvedere da sola a me stessa, senza mai dover chiedere il permesso a qualcuno prima di agire; in altre parole, non mi importava cosa avrei fatto, volevo solo che la mia vita mi appartenesse.
Gran parte di merito per le mie idee va alla mia famiglia, ovviamente, che non mi ha mai posto limiti o sciocche proibizioni solo perché ero una "femminuccia".
Una famiglia "progressista" la mia, che molti definirebbero addirittura "femminista"; eppure sono stata cresciuta a "pane e Disney", e la Disney, come ben saprete, è da sempre presa di mira dalle femministe per i modelli "sbagliati" che propone, e cioè il "franchise" delle principesse, viste come il male assoluto, una tortura psicologica che obbliga le bambine a vestirsi di rosa e a star lì ad aspettare il principe azzurro.
Il primo film "approvato" dalle femministe è stato Ribelle - the brave,(per precisione, un film Disney-Pixar), ma quello che è stato davvero osannato, proclamato il primo film femminista della Disney  è stato Frozen , che è diventato un vero e proprio "fenomeno", il film che tutte stavano aspettando, l'unico in cui la protagonista non viene salvata da un uomo, e trionfa l'amore tra sorelle al posto di quello tra uomo e donna. Elsa è diventata l'icona femminista per eccellenza, solo per aver pronunciato la frase: "non puoi sposare un uomo che hai appena conosciuto".
 No, scusate, ma i conti qui non tornano: mica  servivano Merida ed Elsa per avere delle principesse Disney  toste ed emancipate. Esaminiamo insieme i vari personaggi che hanno preceduto Ribelle e Frozen. 
1) Mulan : non viene salvata da nessuno, anzi è lei che salva la Cina, ma siccome si innamora, neanche a prima vista tra l'altro, dato che ha vissuto fianco a fianco a Li Shang per tutta la durata della guerra, non viene considerata un'icona femminista.
2) Belle: è lei che salva la bestia, solo che lo fa dicendo "ti amo" e non bandendo un'arma. Non avrà molta forza fisica ma è intelligente, istruita, creativa e coraggiosa; credo che queste "armi" siano molti più efficaci, nonché importanti.
3) Ariel : è lei a salvare, per ben 2 volte, il principe. Vero è che è Eric ad uccidere Ursula, ma se non fosse stato per Ariel sarebbe annegato, quindi 2 a 1 per Ariel.
4) La bella addormentata nel bosco: Aurora viene salvata da Filippo, che a sua volta è salvato dalle tre fate: Flora , Fauna  e la mia preferita in assoluto, Serenella; quindi per la proprietà transitiva, sono le fate che salvano la principessa.
5) Jasmine : non si innamora affatto a prima vista, Aladdin fatica non poco a conquistarla, è una ribelle, scaccia tutti i pretendenti che la trattano come oggetto ed esclama: "come osate, io non sono un premio da vincere!"
6) Pocahontas salva non solo John Smith ma l'intero villaggio, e nel seguito è ancora più tosta e strepitosa.
7) Rapunzel: sembra indifesa ma ha un gran cuore ed una grande forza d'animo, ed anche qui è lei a salvare Eugene, sia fisicamente che "moralmente".
8) Jane: è istruita, intelligente, buffa, coraggiosa, ma solo perché decide di restare con Tarzan sarebbe una figura antifemminista, trascurando completamente il fatto che, in un primo momento, Tarzan aveva deciso di lasciare la Giungla per seguirla. Cambia idea solo dopo la morte del "padre adottivo", che in punto di morte lo prega di restare: 
"prenditi cura di questa famiglia". Che altro avrebbe dovuto fare il povero Tarzan? E così, alla fine è Jane a restare, una scelta che definirei coraggiosa, altro che antifemminista.
 9) Lady Cocca: se avete visto il film Robin Hood non devo aggiungere altro.
Dunque,  perché Elsa viene considerata l'icona femminista della Disney  per aver pronunciato mezza frase mentre Mulan e le altre non solo non vengono considerate femministe ma addirittura antifemministe solo perché alla fine si innamorano e si sposano?
 Che poi se vogliamo dirla tutta, prima di salvare Elsa, Anna, che è la principessa e la vera protagonista di Frozen, viene salvata da Kristoff, quindi ecco che ritorna il salvatore, solo che non è un principe impomatato, ma un tizio che puzza di renna! 
Elsa mi piace come personaggio, ma è estremamente fragile: sembra forte ma non lo è, non fa che fuggire dai problemi, quindi non mi pare proprio un "esempio femminista".
 I personaggi di Frozen sono ben strutturati, in quanto veri, umani; la fragilità di Elsa, nascosta da un muro di rigidità, che ha eretto solo perché non è in grado di gestire le emozioni, è struggente;  crede di esser diventata padrona del suo destino, come dice nella canzone, ma non lo è affatto: sta semplicemente evitando il problema chiudendosi in sé stessa, e non mi pare un grande esempio. Si tratta di una ragazza sola e spaventata, per cui non si può fare a meno di provare empatia, ma non è certo un'icona femminista.
Inoltre, sarò troppo romantica, ma proprio per tutto quello che ha sofferto, per essersi sentita sola tutta la vita, Elsa meritava di trovare un amore NON che la salvasse, ma che la capisse, la tenesse per mano e la accettasse per quella che è senza temere i suoi poteri.
La stessa Merida si è rivelata una delusione pazzesca, poiché  dopo la scena della gara di tiro con l'arco, in cui  mi aspettavo una rivoluzione, il film riduce tutto alla ricostruzione del rapporto madre e figlia:  Merida  non è per niente ribelle, e nemmeno poi tanto coraggiosa, dato che cerca delle scorciatoie per risolvere i suoi problemi, finendo solo per complicare la situazione. Non è un film rivoluzionario, ma  è un film sul compromesso, tra la madre che alla fine diventa un po' più aperta, ed una figlia che diventa meno ribelle.
Ma alla fine non si sposa, quindi Merida è femminista:  trovo che sia una cosa orribile categorizzare le donne in base alle loro scelte di vita: si può avere un compagno ed essere femministe, così come ci sono donne single sia etero che lesbiche antifemministe. E poi, chi vi dice che non si sposi? Non è escluso che un giorno Merida stessa scelga di sposarsi. Comunque regna ancora suo padre, io mi aspettavo che il film terminasse con Merida proclamata erede al trono, come con Fantaghirò, invece nemmeno quella soddisfazione; non ho niente in contrario ad un film incentrato sul rapporto madre-figlia, ma non biasimatemi se da un titolo come "the brave" mi aspetto qualcosa di più di una dodicenne che litiga con la mamma.
 Trovo molto più femminista Belle, che viene considerata strana ma rifiuta di adeguarsi alle regole prestabilite, ha il coraggio di offrirsi come ostaggio ad una bestia per salvare suo padre, di valutare e scegliere seguendo il suo cervello e il suo cuore e non ha peli sulla lingua anche quando affronta quel bellimbusto di Gaston , la cui proposta di matrimonio la disgusta, perché lei vuole vivere di avventure, non pulire i piedi ad un uomo rozzo e  primordiale. Per non parlare del coraggio che dimostra nell'affrontarlo dinnanzi all'intero paese a viso aperto quando lui definisce la bestia un mostro: "Lui non è un mostro Gaston, tu lo sei!" 
Una ragazza che non si piega a nessuna regola, e non ha bisogno nemmeno di arco e frecce o di strani poteri glaciali per lottare e vincere.
 Se si guardano attentamente, tenendo conto dell'anno di produzione, non possiamo fare a meno di notare quanto tutti  i film Disney siano progressisti, tanto è vero che durante il Maccartismo Walt Disney ha avuto dei problemi, poiché ritenuto "comunista".
Amo profondamente i film realizzati quando Walt era ancora in vita, credo siano i migliori, anche se fino alla fine degli anni 90 abbiamo avuto molti film ancora nel "vecchio stile Disney"  che  sembrava andato po' perduto, finché non sono arrivati  Big hero 6  e Inside out, di cui però parlerò la prossima volta.



martedì 22 dicembre 2015

Buone feste a tutti!



Buone Feste cari lettori! 
Per Natale vi propongo di leggere (o rileggere) la mia fiaba, adatta a bambini di tutte le età, da 1 a 100 anni!
Prima parte 
Seconda parte 
Terza parte 

martedì 8 dicembre 2015

Il ragazzo invisibie? sarebbe meglio se sparisse del tutto!



In alto una delle prime scene del film: il protagonista guarda il costume di Spiderman in vetrina.
In basso il ragazzo invisibile legge i fumetti...

In basso la S di "Speciale" in cirillico



Quando Salvatores annunciò l'uscita del suo film "il ragazzo invisibile", la notizia fu accolta da immenso giubilo ed  irrefrenabile entusiasmo: si tratta indiscutibilmente di un grande regista ed ovviamente ci si aspettava  grandi cose; tuttavia io nutrivo serie perplessità.
Ho sempre provato immensa stima per Gabriele Salvatores, ho visto e apprezzato tutti in suoi film, ma nonostante tutto   confesso che inizialmente avevo seri pregiudizi, fosse solo per il fatto che supereroi e superpoteri sono un marchio "made in America": tutti i supereroi, a partire dal loro capostipite Superman sono nati, cresciuti e "pasciuti" in America; sono una loro specialità, un marchio di fabbrica, come era per noi la commedia all'italiana , una volta, tanto tempo fa.
Ho sempre pensato che il cinema italiano, per superare la crisi in cui è piombato negli ultimi venti (diciamo anche trenta) anni dovrebbe compiere un "innovativo passo indietro": in altre parole, penso che dovremmo riscoprire le nostre radici e puntare sul nostro cinema, sul nostro vissuto, leggero ma anche drammatico come fece nel 2010, tra l'altro egregiamente,  Paolo Virzì con "La prima cosa bella", uno dei migliori film degli ultimi anni; ma gettarsi a capofitto in un film di supereroi "pizza e fichi" mi pareva una cosa assurda, un suicidio: sarebbe come pretendere di rubare a casa del ladro.
Ho visto  di recente "il ragazzo invisibile" per la prima volta, e purtroppo non mi resta che ribadire il concetto: supereroi e superpoteri lasciateli agli americani, che è meglio!
Tanto per cominciare ho trovato di pessimo gusto il fatto di "scopiazzare" con la scusa di "prendere in giro" il genere supereroico .
Partiamo dalla descrizione del protagonista e dei suoi super-poteri; Michele, detto Michi, è un ragazzino timido,  il nerd sfigato e preso di mira dai bulli che ha una cotta per la ragazza nuova, che è ovviamente la più carina e in gamba di tutte: è un chiaro riferimento a Peter Parker, che il regista ovviamente non tenta neanche di mascherare, tanto è vero che nella prima scena del film il piccolo protagonista cerca di comprare il costume di Spiderman per la festa di Halloween: in altre parole, la trama, non fa che ripercorrere gli stereotipi tipici del genere; certo, si potrebbe pensare  che non si tratta di mancanza di originalità ma di omaggi e citazioni, ai film di genere, ma, ahimé  non è questo il caso.
Sono una che "sbava"  letteralmente quando vengono citate scene di altri film, mi sembra come se il regista mi strizzasse l'occhio, dicendomi: "ehi, te lo ricordi questo? che figata, eh?"
I riferimenti al cinema americano sono molteplici e inconfondibili: già solo nella scena della festa vengono "citati" Shining, Nightmare, il silenzio degli innocenti,  e molti altri: intendiamoci, in genere apprezzo le "citazioni", ma non quando lo stesso Salvatores dichiara la sua intenzione di creare un eroe del tutto nuovo, che non ha niente a che fare con il tipico supereroe americano "tutto effetti speciali" (effettivamente, effetti speciali quasi zero: scelta stilistica o budget ristretto?); tra l'altro il regista si è reso colpevole di una bella gaffe menzionando a sproposito Lo Hobbit, nel "calderone" di film da cui il regista vorrebbe prendere le distanze: mi scusi Salvatores, lei mi sta dicendo che non c'è differenza tra Spiderman e Lo Hobbit? O si è limitato a citare semplicemente i primi film americani che le sono venuti in mente?
 Non riesco a perdonare questo atteggiamento di presunta superiorità, soprattutto perché, con tutto il rispetto per i grandi registi italiani contemporanei, l'Italia proprio non può permettersi di sentirsi superiore all'America o a qualsiasi altra nazione per la sua attuale cinematografia, se si escludono pochi registi, tra cui il già citato Virzì e lo stesso Salvatores, che continuo a stimare nonostante mi abbia in questo film enormemente deluso: credo che, nel settore cinema, i veri artisti italiani siano delle mosche bianche. Forse a molti non piacerà questa mia affermazione, ma sono sempre stata schietta e non cambierò solo per una sorta di inutile campanilismo.
Beh,stendiamo un velo su questa "nota stonata" e andiamo oltre. 
Il protagonista creato sulla falsariga dell'uomo ragno, si ritrova con i poteri di Susan Storm dei Fantastici quattro: invisibilità accompagnata dalla capacità di emanare incontrollabili onde  d'urto scaturite da uno stato emotivo carico di tensione e rabbia; come se non bastasse, nella seconda parte del film, il ragazzino entra in possesso di una tuta identica a quella dei Fantastici 4, in grado cioè di assorbire i poteri di chi la indossa, permettendogli di essere invisibile senza per forza doversi spogliare e beccarsi una broncopolmonite.
Altra nota dolente, considerazione del tutto personale, sono state le continue scene di nudo del ragazzino, ed anche alcune inquadrature al di dietro della protagonista femminile, una sorta di voyerismo che non apprezzo su corpi ancora così acerbi: ma ripeto, questa è solo una considerazione personale e per nulla obiettiva.
Tornando alla tuta, che come dicevo è identica a quella dei fantastici 4, tranne per il colore nero e per la scritta rossa in petto: la S di "Speciale" (non Super, ci tengono a precisarlo), ma scritta usando la lettera dell'alfabeto cirillico, così, tanto per dare una certa politicizzazione al film; infatti, dopo i supereroi americani, arrivano i supereroi sovietici, nati dalle radiazioni di Chernobyl e addestrati da un gruppo di fanatici nostalgici della guerra fredda. 
Supereroi in un primo momento vittime, ma che sono riusciti a ribaltare la situazione: sono gli "speciali"  a comandare adesso, come notiamo dall'ultima scena: un finale aperto che anticipa qualcosa dell'inevitabile sequel, in tipico stile Marvel per intenderci: E meno male che l'intento era quello di prendere le distanze dal cinema americano!
 In questo film, dunque, le "citazioni" hanno una funzione satirica, vogliono smitizzare il film citato, non omaggiarlo.
Esempio eclatante, lo "smile-sengale", della serie: "come profanare in un sol gesto due supereroi D.C.Comics:  il primo, l'avrete capito tutti, è il mitico Batman, l'altro è il Comico di Watchmen.
I personaggi secondari sono stereotipati ancor più dei protagonisti, a partire dai bulli, dalla madre poliziotta che non capisce che suo figlio è vittima di bullismo (bel fiuto da poliziotta, complimenti, degna del commissario Gordon, che non sa che Batgirl è sua figlia); per finire, ciliegina sulla torta, abbiamo la bambinetta curiosa che scopre per caso il superpotere del ragazzo e diventa la sua piccola aiutante-consigliera: un'adorabile rompiscatole che non conosce il significato della privacy e assilla il nostro piccolo eroe con le sue perplessità, soprattutto in materia di fumetti: non fa altro che demolire i supereroi con le sue domande: "Perché se i ragni fanno le ragnatele dalla bocca l'uomo ragno le fa con i polsi?" oppure: "Perché quando Superman si mette gli occhiali nessuno lo riconosce?" chiede tenendo su un paio di occhiali con naso e baffi finti, per sottolineare ulteriormente la comicità della situazione : effettivamente su questo punto non le si può dar torto, anzi, meno male che non ha toccato anche  il tasto dolente "dove lo teneva nascosto il mantello?". Un "encomio" poi va a Stella, la ragazzina di cui è innamorato il piccolo protagonista che invece di spaventarsi, instaura un bel rapporto con questa presenza invisibile, arrivando addirittura a baciarlo, senza sapere che è proprio il suo sfigatissimo compagno di classe; la situazione è talmente assurda che mi rifiuto persino di commentarla.
Unica scena notevole, che stava quasi per farmi ricredere, è stata quella del balloon che ci permette letteralmente di leggere i pensieri del ragazzino: non so se l'intenzione del regista era quella di omaggiare o denigrare anche il fumetto americano, oltre che il cinema, tuttavia l'ho trovata un "bel colpo"; certo, niente di nuovo per chi ha visto i telefilm onomatopeici di Batman interpretato da un simpaticissimo e coloratissimo Adam West, ma estremamente innovativo, tenendo conto che è stato girato tra il 1966 e il 1968.
Tutto sommato, il film è gradevole, la punto di vista estetico niente da dire, ma ahimè, la trama lascia molto a desiderare. E non per mancanza di effetti speciali, ma per dei vuoti narrativi che rendono la fabula insulsa e priva di ogni suspense, se si esclude il mediocre colpo di scena finale, che ha il solo scopo di promuovere il sequel.